lunedì 5 dicembre 2011

Bad Trip Big Bang-2006, io ti abbraccio, hipster dello spazio superchimico.

Tra pochi giorni apre la mostra di Bad Trip, aka Gianluca Lerici a Torino. Morto nell'Inverno del mio scontento, nel 2006.
Poco prima era morto Piermario Ciani, aka Luther Blisset, aka Stickerman, aka Trax, ma soprattutto grande amico mai abbastanza frequentato, e negli ultimi tempi a causa degli incroci della vita colpevolmente un pò abbandonato. Eccoli qui Piermario e Gianluca, insieme, sorridenti, e soprattutto vivi. Presto scriverò di Piermario, ma non subito, sono passati già 5 anni, e ancora non riesco a trovare le parole.


Quello che segue invece è il mio necrologio per Bad Trip del 2006, forse ancora valido a 5 anni di distanza. Il tempo passa, e delle cose oggi le cancellerei, ma forse è giusto lasciare tutto come l'avevo scritto all'epoca.

Bad Trip

Who killed the TRAXmen?

Dopo la morte di Pierre Cianotic* aka Piermario Ciani, anche Bad Trippa se ne va.
Cosa sta succedendo?
I veri eroi degli anni '80, quelli che non giravano con le spalle imbottite, con i capelli gonfi e ingelacchiati, quelli che non hanno mai avuto una hit idiota e di conseguenza non sono mai comparsi a Discoring, e quindi non hanno mai avuto un'invitata alle trasmissioni televisive contemporanee sull'Italia da bere.
I veri eroi degli anni '80, dicevo, stanno morendo.
Eroi evidentemente più fragili dei campioni degli anni '70, Piermario e Gianluca non sono sopravvissuti a questo nuovo secolo, che avevano ben previsto nelle loro profetiche opere partorite decenni fa, anni fa, mesi fa, ore fa.
Niente retrospettive al MOMA e al Beaubourg per loro.
Gianluca non era giovane, ma nemmeno vecchio, era in quell'età, come diceva Arbasino, in cui non si è ancora dei celebrati maestri, e non si è più dei giovani promettenti.
Si è nell'età in cui siamo "i soliti stronzi" ( più o meno la mia).
In quest'età le cose che si producono non vengono accolte con l'entusiasmo delle novità, sembra ci siano da sempre, vengono date per scontate.
Poi, di colpo, ti rendi conto che non ci saranno più.
I progetti di cui mi parlava Bad Trip: cancellati.
Non ci sarà nemmeno uno di quei bei libroni che pubblicano Fantagraphics o Last Gasp in USA, con tutte le opere in ordine e bella stampa dei low brow artisti.
Volumi pure di difficile smantellamento, visto che è difficile distruggere tre chili di carta patinata.

La prima volta che vidi le opere di Bad Trip fu da Vittore Baroni.
Dal momento che sono il solito coglione invidioso, quando venni a sapere che veniva da Massa lo bollai immediatamente come provinciale.
Se Vittore me l'avesse spacciato per un giovane californiano mi sarei sperticato in lodi, questo per dire quanto siamo stronzi anche noi nel nostro piccolo mondo cretino del disegno alternativo.
Con l'andare degli anni il suo disegno si staccava dai suoi eroi, e diventava sempre più personale, labirintico.
Il cyberpunk lo adottò come suo cantore, anche se Bad Trip era qualcosa di più di tanta fuffa cyberqualcosa, non a caso Dick e Ballard erano i suoi autori preferiti, insieme a Burroughs, naturalmente.
Tutti grandi sciamani, con una finestra aperta nel nostro presente.
Anche loro sono passati terribilmente di moda, come la fantascienza, che non legge più nessuno, dal momento che la gente pensa che sia l'ultimo modello di cellulare, la fantascienza.
La fantascienza non interessa soprattutto perchè abbiamo perso la capacità di immaginare un futuro, non ci crediamo, ci fa paura.
Eppure il futuro non è una parolaccia.
Chissà se Gianluca pensava che nel futuro sarebbe morto così, le coronarie tappate, quasi senza accorgersene, dopo una settimana di rifiuti " niente ospedale per me, no, niente ciabatte, flebo, bypass e clisteri".
Nei labirintici suoi segni neri, come gallerie scavate dalle termiti all'interno del nostro cervello, cercheremo anche noi di divinare il futuro.
Nel futuro io e Bad Trip formeremo una band di musica psicosessuale.
Nel futuro Bad Trip inventerà una macchina per fare il caffè senza usare il caffè e senza acqua, ma che saprà di caffè.
Nel futuro i disegni di Bad Trip verranno usati per gli albi da colorare dei bambini.
Nel futuro i disegni di Bad Trip prenderanno vita, ma con bizzarri risultati: i personaggi defunti ritratti da Gianluca ( Burroughs, Hendrix, Morrison, Bad Trip etc...) usciranno dalle sue tavole, mentre quelli vivi (Bush, Berlusconi etc...) verranno confinati negli universi paralleli dei suoi disegni.
E per loro saranno cazzi.

Ehi Ehi,
non è finita, anche se potrei finire qui, ma c'è pure un bonus ricordo.

LA PRIMA VOLTA CHE HO INCONTRATO BAD TRIP

Stavo preparando una mostra a Milano, quando entra in galleria un ragazzotto tarchiato, con la faccia da cane, ma l'occhio torvo.
" Tu sei Giacon" mi fa
"Chi, io?"
"Ti ho riconosciuto, sei Giacon e sei un mito, suoni stasera?"
"Sì, beh, veramente ci sarebbe anche una mostra..."
"Allora vado via per un pò, e torno per il concerto..."
Quella sera oltre alla mostra c'era una performance musicale del mio gruppo, I Nipoti del Faraone, e lui arrivò, in prima fila, con la sua maglietta bad trip, la sua tracolla bad trip, il suo eskimo nero bad trip.
Il concerto fece abbastanza schifo.
Lui mi salutò, felice come un bambino " Questa sera una mostra di Giacon e un concerto dei Nipoti del Faraone. Pazzesco!".
E se ne andò.
Con le sue scarpe bad trip.
Con il suo aritmico cuore bad trip .

sabato 19 novembre 2011

La Quarta Necessità coincide con le mie necessità?

Qual è la quarta necessità?

Ho finito di disegnare questo libro a fumetti ( preferisco chiamarlo così, è un termine che esisteva da prima dell'abusato "graphic novel", e mi piace, è un nome semplice, pulito e rispettabile) scritto e sceneggiato da Daniele Luttazzi.  Da quando ho iniziato a disegnarlo è passato un anno e mezzo, forse anche di più, considerato quando Daniele mi propose una bozza di racconto.  Dopodichè è partito con una storia pirotecnica e io ho cercato di stargli dietro.
Un anno e mezzo in cui ne sono successe di cose.
Ho iniziato finalmente a ristrutturare casa con Nicoletta.
Ho disegnato decine di oggetti Alessi.
Ho disegnato ceramiche per Superego.
Ho fatto decine di concerti insieme ai Blass.
A me e a i Blass si è unita Micol e siamo diventati ancora più circensi.
Abbiamo fatto un video insieme a Danilo Pasquali e sono riuscito a rifilarlo alla Biennale di Arte Contemporanea. Un successone? Veramente no, la prima volta che mi chiamano a una Biennale è per la Biennale Regionale di Sgarbi, più o meno il due di briscola delle manifestazioni artistiche.
Ho disegnato strip per XL, disegni per oscure fanzines, disegnini per gli amici, disegni disegni, ma non bastavano quelli che già facevo ogni giorno, ogni notte?



Per un anno e mezzo, disegnavo la mattina, al pomeriggio coloravo al computer in studio, poi la sera tornavo a casa e disegnare ancora, fino alle due. C'era quasi sempre solo la televisione a farmi compagnia, e io intanto assorbivo i telegiornali, i dibattiti politici, Gordon Ramsey con la sua improbabile cucina del diavolo, Breaking Bad, le repliche di Prison Break, Misfits, Mad Man.
In un anno e mezzo Daniele Luttazzi è diventato il paria della comicità in televisione, ma non importa, ci siamo sentiti sempre, e abbiamo parlato per un anno e mezzo quasi sempre solo del nostro libro.
Quali erano le espressioni giuste? Come era fatto lo stemma dei boy scout di Rimini negli anni '50? Il paesaggio di Montecarlo, dall'autostrada, come si presentava negli anni '70 ? L'immagine del protagonista colpito dal fulmine è meglio metterla in negativo?      Cose così.
Nel frattempo andavo a nuoto, per mesi e mesi, ogni settimana, ogni volta 60 vasche, più o meno una vasca al minuto, insomma mica tanto come velocità, poi gli ultimi mesi ho mollato, dovevo finire il libro.
Mi è franata un otturazione a un dente, dovrei andare dal dentista, ma devo finire il libro.
In ogni cosa che faccio c'è lui, che pesa come uno zaino di mattoni.




Tavola 52, tavola 53, me lo sogno di notte, come riesco a rendere graficamente quella pagina, quel passaggio?
Ogni tanto mi siedo di fronte all'ineluttabile comprensione della mia inadeguatezza. Disegnare fumetti ti mette sempre di fronte a quante carenze hai nel disegno: come si disegna uno yacht in una giornata di sole? Come si disegnano dei paracadute contenenti campioni di shampoo lanciati sopra dei bagnanti in pattino in una spiaggia dell'Adriatico? Google sia benedetto! Come è fatta un impastatrice industriale? Ah Ecco… E la catena di montaggio della Fiat negli anni '60 ? Ah ecco… Che faccia aveva in quegli stessi anni Stefania Sandrelli? Ah ecco…
Nel frattempo partecipo a decine di mostre collettive qui e lì, alcune potevo risparmiarmele, e avere più tempo per finire il libro, altre non vanno bene, qualcuna così così. Periodo di crisi anche per l'arte contemporanea a meno che non si tratti di una manciata di nomi internazionali: non si vende niente, al meglio si vende a prezzi che non bastano nemmeno a pagare il tempo perso.
Per fortuna tutte le cose fatte nello stesso momento mi impediscono di pensare troppo ai disegni, ci pensa Daniele a correggere le cose, a volte perdo una giornata per fare delle correzioni,  nel frattempo mi accorgo di vignette che non mi piacciono nelle tavole precedenti e le correggo a mia volta. Due persone meticolose che lavorano insieme sono un grosso freno per la puntuale consegna di un lavoro.
Nel frattempo la schiena fa male, non importa, finisci il libro.
Ogni tanto mi si vela l'occhio destro, e sento delle punture di spillo sul sinistro, non importa, finisci il libro.

 Per disegnare le figurine più piccole devo togliere gli occhiali e lavorare con il naso sul foglio di carta, non importa, finisci il libro.
Intanto la mia pancia lievita, mi contemplo con disgusto lo specchio.
Intanto insegno, un workshop con degli studenti giapponesi, le lezioni di fumetto allo IED, le tesi degli studenti dello IED.
Dico di no a molte proposte di lavoro, di mostre, di collaborazioni, devo finire il libro.
Il mio conto in banca pian piano si prosciuga, le royalties Alessi non durano in eterno, e in un anno e mezzo il mondo viene colpito da due fetentissime crisi economiche, viene ucciso Osama Bin Laden, l'America perde le 3 A, alle elezioni a Milano vince Pisapia, arriva un'ondata di caldo sahariano, il tornado Irene, il terremoto in Giappone, il disastro nucleare a Fukushima.  Berlusconi invece, nonostante tutto, sta ancora lì, non si direbbe nemmeno troppo vivo, ma sta lì, come le sue televisioni e quei bei programmi inamovibili come Striscia, le Jene, Fede e Jerry Scotti.
E' un anno e mezzo che non gioco ai videogiochi.
Ho una pila di 15 libroni da leggere, tra cui  a caso Ellroy, Foster Wallace, Eco, Ballard.
Non sono nemmeno riuscito a leggere il libro di Micol, l'ho solo iniziato in piscina, sotto un albero.
Niente letture, devo finire il Libro, niente inviti a cena, devo finire il libro. Lo so, sembro egoista e menefreghista, ma devo finire il libro.
Ma ne varrà la pena? Se mi guardo indietro rifarei quasi tutte le tavole, e vedo in ogni vignetta il virus del disegnatore dilettante. I lettori si accorgeranno che sono un bluff?  Un pò come quando sogni di essere nudo in classe alle elementari, oppure in mezzo alla folla ti scoprono mentre fai la cacca.
Chiama Rizzoli-Lizard : i contenuti del libro sono tosti, bisogna venderlo con il cellophane, va bene se è nero opaco? Boh?


 Nel frattempo si va alle fiere del fumetto: Lucca Comics, Fumetti in TV, Comicon, Romics, Mantova Comics, ogni volta la stessa domanda: come procede il libro? Domanda che mi fa sempre sentire in colpa, dato che dovrei essere a casa a finirlo e non lì a cazzeggiare con gli amici fumettari.
Nel frattempo vado a Seoul per un'altra comic convention, ci sto tre giorni e torno in Italia completamente rimbambito e senza aver capito granché della Corea.
Nel frattempo mi chiamano per la mostra dei 25 anni de La Luz de Jesus Gallery di Los Angeles, produco un opera frettolosa come al solito al di sotto delle mie possibilità, la mando in California spendendo una cifra assurda per la spedizione internazionale e me la perdono, così devo rifarla di nuovo, e altri giorni se ne vanno come il vento.
Il libro si svolge in un arco di tempo che parte dagli anni '30 fino ai tempi odierni: come riuscire a dare la sensazione del tempo che passa senza mettere le date? Con Daniele decido di contraddistinguere i vari momenti temporali con colorazioni diverse, il monocromatico degli anni '30, la stampa a sei colori con i colori leggermente fuori registro degli anni '50, colori denaturati per l'infanzia, il retino a pallini per gli anni'60, i Pantone e l'acquerello per gli anni '70, le matite colorate per gli anni'80…


Nel frattempo mi si rompe il frigorifero in piena estate con tutta la roba da mangiare dentro, non sono belle cose da vedere quando si rientra a Milano dopo il week end.
Ogni tanto mi accorgo di orribili refusi nelle tavole già disegnate, per esempio un tavolo a cui manca una gamba,  un personaggio che c'era nella sceneggiatura e di cui mi sono completamente dimenticato nella vignetta, una anello che va spostato da un dito all'altro: ridisegnare.



Disegno senza sapere come andrà avanti la storia, mano a mano che passano i mesi Daniele mi passa blocchi di pagine di sceneggiatura.
A pagina 103 disegno la Mia vignetta perfetta, accade poche volte nella vita, ma ogni tanto ti trovi davanti a dei disegni di cui non cambieresti niente. Naturalmente Daniele mi chiede delle modifiche proprio su quella. Per fortuna desiste, probabilmente emetto forti vibrazioni negative.
Nel frattempo ho compiuto 50 anni, il governo ha cercato di varare una finanziaria apocalittica cambiandola una volta al giorno, Gheddafi non è più amico dell'Italia, ma nemmeno Mubarak, nemmeno Hassad, ma in fondo in questo momento non è che lo stato italiano abbia poi tutti 'sti amici in giro per il mondo, nemmeno tra le persone rispettabili.
E poi, alla fine, in una giorno d'Agosto tra i più caldi mai registrati il lavoro finisce, certo, c'è da finire la grafica, da curare i dettagli, da controllare gli errori, ma i lavoro è finito. FINITO. Tavolo da disegno fottiti.  Si ritorna a vivere!
Come sarà il mondo fuori dal bunker?






P.S... e dopo l'uscita della Quarta Necessità è morto Gheddafi ed è caduto il Governo Berlusconico… Sì, continuate a chiamarle coincidenze...

sabato 8 ottobre 2011

Un Salone del Mobile qualsiasi

articolo pubblicato su Rolling Stone, Aprile 2009
qui in forma integrale, non tagliuzzata.
Un Salone del mobile a caso
Sta per inaugurare il Salone del Mobile, anno 2008. Anche quest'anno ci sarà un incremento degli eventi fuori Salone che dicono si aggireranno sui 400, (quelli documentati dalla rivista INTERNI), mentre quelli non segnalati chi può dire quanti e dove saranno? La mia casella mail ne sa qualcosa, da una settimana mi invitano a imprescindibili opening in alberghi, negozi, parchi e garages e sgabuzzini. 
Negli anni '80 gli eventi fuori Salone erano una decina, ci andavano soltanto designers e architetti, poi Cappellini diede il "La" offrendo per la prima volta sushi nel corso di una sua inaugurazione a Milano, seguito negli anni successivi dallo champagne, le ostriche e i petali di rosa canditi.
A quel punto tutto era in discesa. E adesso siamo qui.
Fare il designer in questa settimana è più banale che fare il panettiere, anche perchè di panettieri bravi a Milano ne son rimasti pochi, i più usano tutti troppa farina, e per dare l'impressione che il prodotto sia naturale cospargono di farina bianca anche il pane cotto, il chè non serve a un cazzo, se non a sporcarti i pantaloni.



Martedì
Il primo giorno decido di cominciare con qualcosa di morbido, dopotutto arrivo a Milano troppo tardi per andare alle inaugurazioni delle 18. Vado alla serata Nike, ai Magazzini Generali.
Si tratta della solita struttura industriale ricoperta da glassa d'architetto, almeno questa era l'intenzione iniziale, poi con il tempo la pavimentazione si è sfatta e l'acustica è rimasta il problema principale,  legato a uno spazio dove rimbombano anche le scoregge degli avventori. Forse è per questo che nella zona centrale del locale staziona un soffocato odore di fognatura stagnante, perenne. Tutto sommato era meglio quando nei locali si poteva fumare all'interno.
Intorno a noi i soliti video promozionali, con un pò di immagini Nike legate al football che non guarda nessuno. Si sgomita per il primo free drink legato all'invito.
Lo sponsor per l'occasione ha pagato Sebastien Tellier per ravvivare la serata, per cui c'è pure qualche appassionato venuto qui semplicemente per ascoltare la musica e non per essere pierre di sè stesso. 
Sebastien Tellier è un musicista appartenente alla corte degli Air, per cui c'è da aspettarsi un frullatone di elettronica vintage, romanticherie, voci filtrate e puzza sotto il naso in salsa francese.
Sebastien è uno che mi sta simpatico, ha un'aria da supernerd, con il suo giubbotto arancione e l'aria dimessa. E' un grande, indossa scarpe Adidas a un'evento Nike, assomiglia ad Andy Luotto e ha l'aria felice, non reagisce nemmeno quando gli schermi trasmettono le immagini della vittoria italiana ai mondiali, con un bel primo piano di Materazzi.
Non reagisce perchè è fatto. Sebastien chiede sigarette, imbraccia una chitarra a freccia suonando suoni flangerati con voce flangerata, poi conclude il suo psichedelico set con "La Retournelle", usata nella pubblicità di indovina che marchio? Applausi, niente bis.
A Beppe, mio amico architetto designer e ai suoi assistenti di studio il concerto non è piaciuto, ma non fanno molto testo dal momento che sono stati quasi tutto il tempo a fumare fuori. 



Mercoledì
Ogni anno il mio amico Diego viene a stare da me per i giorni del Salone del Mobile. Ogni anno arriva per lamentarsi che anche quest'anno non c'è niente di nuovo. E che a Milano è tutto fuffa. D'altra parte lui proviene da Abano Terme, che odia profondamente, ma stranamente non riesce a cogliere lo spirito internazionale di questa settimana magica. Di solito gli fanno male i piedi, e poi si gira a vuoto e non si mangia, e per finire lamenta che l'ambiente del design è desolantemente etero. Io e Diego oggi  ce ne andiamo in giro insieme, prima tappa : Moroso.
Lo show room di Moroso mobili è un gran carnaio. Sta in via Pontaccio, strettissima, e ogni anno centinaia di automobilisti si ingolfano lì, maledicendo la Settimana del Mobile. Il rumore dei clacson fa da colonna sonora al nostro ingresso sudato. All'interno troviamo il Piccolo Giardino Selvaggio dell'Amore, istallazione bucolica dell'artista Tord Boontje, che ha disegnato una collezione di sedute e tavoli, molto, molto sedie della nonna. Strisce di plastica trasparente serigrafata con motivi floreali, fiori ritagliati, all'ingresso una cascatella artificiale, il tutto farcito di individui che pascolano in cerca di prosecco e parmigiano. Io cerco Patrizia Moroso tra la folla, ma a quanto pare sta ancora cercando di raggiungere Milano in macchina, da Udine. Che si fa? Ci sediamo sulle sedie  deposte e sparpagliate ovunque, (comode!) ci costringiamo a spostarci allo spazio Dilmos poche decine di metri lì accanto. Lo spazio Dilmos ci accoglie con un pò di designer integralisti all'ingresso dall'aria mesta "il solito gran Bazaar!". In effetti... ci aggiriamo tra tavoloni in vetro con incastonate caramelle (almeno credo), ma al solo secondo giorno sono già abbastanza rincoglionito, e non riesco a indovinare se allo spazio Dilmos si cela il Cattelan del futuro ( M.C. ha iniziato con loro) tra l'altro la nostra visita è interrotta da un sms che ci invita al grattacielo Pirelli. Io dentro al grattacielo Pirelli non ci sono mai stato, e recuperati Gabriella Giandelli (alta autrice di fumetti) e Milco Carboni ( architetto ex Sottsass ass. ), ci muoviamo. Per entrare al Pirellone veniamo sottoposti a perquisizione e metal detector, sembra di prendere un aereo. Io ho un sacco di ferraglia da smaltire, ma in capo a 20 minuti sono all'ultimo piano, dove siamo nel mezzo dei risultati del concorso Citroen. Detti risultati sono abbastanza poco rilevanti, un tizio ronza parlandomi delle tecnologie applicate all'installazione di proiezioni sovrapposte, ma è la vista dal grattacielo a fare la sua parte. Dall'alto si possono vedere tutte le zone toccate dai lavori per l'Expo del 2015, isole di vuoto. Si potrebbe anche lasciare tutto così, grandi ovali vuoti, senza nulla , all'interno della città, senza monumenti, alberi, vietati alle persone, visibili solo dall'aereo, delle specie di Nazca minimali contemporanei, tanto a me che me ne frega, anche se ci verrà costruito qualcosa non avrò mai la possibilità di viverci.
La fame ci fa scendere e spazza i pensieri oziosi. Troviamo un ristorante messicano miracolosamente aperto e mangiamo alla meno peggio, è tardi e siamo gli unici avventori del locale, ma la musica è ostentatamente alta. Non è musica messicana, ma la top ten internazionale riarrangiata in chiave salsa. In qualche girone dell'inferno stanno trasmettendo la stessa musica.




Giovedì
Oggi come da copione in qualsiasi anno della settimana del Mobile, piove. E' una questione chimica, credo, evidentemente la concentrazione di design catalizza l'addensamento di cirrocumuli. Bestemmiando, nel pomeriggio mi porto al Palazzo delle Stelline, dove  mi vedo un pò di design francese e delle sculture bulbose in ceramica di Emmanuel Babled, poi ribestemmiando mi becco un ora buona di pioggia per tornare in zona eventi e decido di chiudermi in casa e di non uscire fino a sera, ma vengo fermato  da una chiamata di Diego, che mi dice di accorrere alla via parallela a dove abito io, perchè c'è il circo! 
In effetti il circo c'è davvero: un negozio specializzato in recupero poprococò di vecchi mobili ha organizzato uno show molto variopinto, con clowns in monociclo, clowns specializzati nel ricavare fiori e animali dai palloncini, belle ragazzone vestite da sexy clowns, clowns giocolieri.
Anche i mobili del negozio sono in tema, con la credenza-gabbia per le tigri, il divano-supereroi, il comò bicicletta, basta basta che mi piscio addosso dal ridere!
Propongo a Diego di comprare qualcosa a un take-away di cibo giappofinto, ce lo mangiamo in casa e ci distendiamo una mezz'ora prima di andare al party di Fabio Novembre alla Rotonda della Besana. 
Visto che si trova sulla strada entriamo un attimo all'Istituto Europeo di Design. Non c'è nessuno, a parte qualche studente adibito a ruolo di dj che martella già i piatti e i coglioni dei pochi astanti con minimaltecnobecera. E' ancora troppo presto per la festa, ma la cosa positiva è che cè ancora un sacco di birra gratis dello sponsor ufficiale, e ne approfittiamo con piacere, nel cortile vengono proiettati sulle finestre brevi filmati con persone a mezzo busto, di schiena, delle sedie e un paio di culi (almeno mi pare). Vedo la mia amica TT, insegnante dello IED settore new media. TT è già sbronza e  immediatamente individua me e Diego come coppia gay (io quindi sarei del genere "bear"): è molto amichevole, per cui non mi soffermo in inutili precisazioni. Ci racconta un pò delle sue esperienze in vari locali SM sparsi per il globo ammiccando e dando di gomito,
E' ora di andar via mentre  Diego esclama " Cazzo che giusta!".
Pochi minuti e siamo di fronte alla Rotonda della Besana, ma essere muniti di invito non basta: è il party della serata e dentro c'è già troppa gente. Non si entra. Siamo bloccati al cancello per un pò, finchè dietro di noi non si crea un numeroso gruppo di entusiasti designvictims che cominciano a spingere inesorabilmente, e con effetto a tappo di champagne siamo catapultati dentro.
Piove, per cui la gente si stipa all'interno della mostra e a riparo del chiostro. Superiamo L'esposizione di sedie con sedere in vista (so che pensate a quella battuta, ma non la farò), maniglie con sezione a cuore e una enorme, scenografica testa rivestita di mosaici dorati Bisazza, e  ci portiamo nell'ampio salone con altre poltrone Cappellini e un' installazione fatta con quelle che sembrano enormi tagliatelle nello spazio. 
Su un divano Fabio, Lapo ( delle dinastia Agnelli) e Lupi (direttore di GQ) parlano della loro fratellanza e della forza creativa dell'amore a una giornalista di una web tv. Tutto questo amore è evidentemente poco recepito dalla massa, che sta tirando giù i frigoriferi delle birre dal momento che i beveraggi sono desolatamente esauriti. Poco dopo la security comincia a spazzar via il pubblico e io e Diego ci ritroviamo fuori, a raggiungere l'ultimo tram viaggiante. 
Sotto la pioggia.


Venerdì
Oggi è una giornata dedicata al cibo. Vado a fare colazione al nuovo caffè dello spazio Trussardi, dove ci servono alimenti vari dentro piccoli bicchieri. Dopo un pò il mio stomaco fa le capriole disorientato, ho mangiato cose salate, dolci, microbrioscine, bevuto caffè e champagne in ordine sparso e i miei succhi gastrici sono andati in tilt, il che mi impedisce di apprezzare a pieno il lavoro dell'artista-botanico Patrick Blanc, che ha creato una specie di giardino sospeso all'interno di uno spazio di cristallo. Forse l'apprezzerei di piu in una giornata di sole, ma ovviamente piove. Il giardino sospeso si chiama "The Unexpected Garden", e sfrutta principi di coltivazione idroponica, è eco-sostenibile, ed è in grado di ottimizzare l'isolamento termico dell'edificio e di migliorare le condizioni dell'aria filtrando gli agenti inquinanti e producendo ossigeno.
Esco con una gran voglia di MacDonald. In effetti qui vicino c'è il MacDonald di Piazza Duomo, e anche qui espongono design, per la precisione  prototipi di nuovi packaging. 
Entro pregustando il gap tra il basso e l'alto della ristorazione, invece dimenticavo che di recente la grande M sta sperimentando  una nuova estetica per i suoi punti vendita, per il momento in punti strategici, e uno di questi è al Duomo. Luci più basse del solito, colori verde mela e marrone, sedili e poltroncine imbottite, perfino l'odore di fritto è più ovattato. Salgo in una saletta dove c'è l'esposizione, e osservo  packaging frutto delle menti creative degli studenti di Design, generalmente molto più costosi di quel che devono contenere. Mi si incolla immediatamente una ragazza. Riempie la mia borsa di depliant e malloppi cartacei che si ostinano a spiegarmi il valore della ricerca, e anche un cd con tutti i progetti in mostra (pure quelli che non si trovano lì!). E' evidentemente disperata: sono l'unico umano che si è avventurato fino a qui, e si vede che vuole fortemente sentirsi utile a qualcosa. A me piacerebbe molto essere utile, ma non so che posso fare per migliorare il fast food. Forse bisognerebbe metterlo al pari del fumo, e mettere sulle confezioni la scritta "Il menù maxy uccide". Per me mangiare l'hamburger  ogni tanto è un piacere colpevole, come fumare e consumare pornografia, e non mi va molto che diventi troppo chic. Mi piace consumarlo in luoghi chiassosi e unti, altrimenti non c'è gusto.
Questa sera dovrebbe esserci la Zona Tortona Night. Per i non-indigeni preciso che una volta via Tortona aveva solo una cosa di rilievo: un ponte di ferro bellissimo che collegava la stazione di Porta Genova a Via Tortona. Poi è arrivato il SuperStudio.  Negli ultimi tempi quella zona è stata tutto un fiorire di studi fotografici, sale di posa , show room e piccole gallerie, che si coalizzano durante il Salone del Mobile per una specie di Notte Bianca in miniatura dove si entra e si esce a vedere decine e decine di proposte che nessun essere senziente può farsi mancare nella vita. Io ho deciso di perdermele tutte.
L'anno scorso sembrava di essere a un carnevale di Rio senza costumi sgargianti, migliaia di persone imbriache occupava la via stretta e lunga, e ad un tratto si era tappato tutto e le persone non riuscivano a camminare nè avanti nè indietro. Solo dopo molte ore riuscii a disincagliarmi e a trovare la via del ritorno. Mai più.
Ritorno in centro. Attraverso il Duomo e la galleria Vittorio Emanuele, al centro un dibattito sulla vivibilità delle grandi città con Fabio Novembre e il sindaco di Torino Chiamparino.
Delle amiche mi chiamano per cenare da Joia, ristorante vegetariano molto molto piùpiù degli altri. Ho i brividi, ma penso che in fondo passare una sera seduti non è poi tanto male. 
Il ristorante Joia ha una cosa positiva: i menù mi fanno molto ridere, sembrano redatti dall'astrologo di D Donna :  non descrivono gli alimenti, ma li "poetano".
Le mie amiche sono insensibili alla poesia, hanno una fame orba.  Dopo tre quarti d'ora non ci hanno portato ancora il pane, evidentemente per Joia non è una buona serata. Una delle mie commensali soffre di un sacco di allergie alimentari, e alla fine la sua scelta si riduce a due piatti, peccato che quello da lei scelto contenga una piccola quantità di noci, alimento per lei letale. Per fortuna se ne accorge prima di toccare il cibo assassino e ci risparmia lo spettacolo di una persona rantolante sul pavimento del raffinato ristorante. Il cibo è buono, le cucchiaiate di vegetali selezionati hanno proprio il sapore dei vegetali selezionati. Conto salato. Domani pranzo a casa.



Sabato
Con il Sabato inizia la fase calante. In realtà gli opening da non perdere si sono concentrati mercoledì e giovedì, e questa giornata è dedicata a vedere ciò che ci si è persi. Allo spazio Krizia di solito c'è Ingo Maurer, con le sue lampade sempre mozzafiato, ma quest'anno ho il fiato corto. Faccio qualcosa di diverso, e vado a un dibattito curato dalla Web TV UltraFragola. Lì canta Patrizia di Malta, canzoni bossanova ispirate ad architetti e designers, l'autore dei testi è Paolo di Bella (il direttore del Tg di RAI 3). 
Il dibattito è all'interno di una tenda di fronte ella Triennale, c'è il sole, sono le 5 del pomeriggio, si beve e si mangia, Patrizia canta, sembra di essere a una piacevole scampagnata. Poi arrivano i dibattenti: c'è Roberto d'Agostino in palandrana viola con la Madonna trapuntata sulla schiena, Fabio Novembre, L'architetto Mario Bellini e Andrea Pezzi a far da moderatore. La discussione è un frullato di argomenti, eccone alcuni in ordine sparso: come cambierà Milano l'Expo? I grandi architetti sono necessariamente anche bravi mariti e padri di famiglia? Perchè il progetto del grattacielo curvo di Libeskind non è piaciuto a Berlusconi? Perchè pensiamo che il design italiano sia il migliore nel mondo?
Io aggiungerei altre domande: perchè pensiamo all'Expo se non riusciamo nemmeno a far funzionare le scale mobili della metropolitana? Perchè il prosecco di tutti i vernissages milanesi sa sempre da fichi secchi? Perchè Di Bella scrive testi per canzoni, e soprattutto per quale scherzo astrale continuo a incrociarmi con Fabio Novembre?
Il momento migliore del dibattito è la pausa, quando un paio di ultrasettantenni si impossessano delle poltrone del palco e si stravaccano lì, con la beata incoscienza di chi ha i piedi gonfi. Si fatica un pò per scollarle, ma a quel punto il dibattito si trascina in una gara a chi è più intelligente.
Il mio amico Beppe Facente ( che ha passato il tempo a fumare fuori dal tendone), mi porta all'Università Degli Studi, dove ci sono le installazioni dedicate alla luce. Tutto è naturalmente molto ecostenibile, con ricorso ad energie alternative e al riutilizzo di materiali, senza dimenticare il rispetto dell'ambiente. A questo proposito probabilmente si è ispirato Antonio Marras con le sue gabbiette contenenti video di uccelli sui rami. Mi sfugge l'utilità, ma come si dice "piace tanto ai bambini". E' sera, e le installazioni di luce risaltano, soprattutto un serpentone colorato enorme al centro del prato a opera di Jacopo Foggini, e un lampione-albero di Ross Lovegrove. Me lo immagino con contorno di tossici e barboni, e chissà se il comune cambierebbe le luci ecosostenibili con luci di wood, per impedire agli eroinomani di trovarsi le vene, come accade in certi bagni dei locali notturni.  Pensa un pò che belle fantasie.
Mi chiedo in questo contesto cosa ci facciano qui delle macchine per ginnastica vibranti. Catalizzano l'attenzione della folla e garantiscono l'equivalente di un ora di ginnastica in 5 minuti.
Naturalmente voglio provare anch'io: bisogna appoggiarsi a un manubrio e prendere un posizione invereconda sporgendo il sedere. Dopo appena 60 secondi le cosce fanno un male cane, poi i polpacci e infine i glutei. Resisto per i 5 minuti, ma non mi regalano nulla, ho le chiappe annodate, e non posso fare altro che chiuderla qui.



Domenica
Per prima cosa un pò di flessioni alle dita dei piedi, poi indossare scarpe comode.
Oggi si va alla Fiera di Rho, il vero cuore del Salone
La Fiera di Rho è percorsa in tutta la sua lunghezza da un tapis roulant sopraelevato.
Se l'architetto Fuksas fosse un tipo spiritoso si sarebbe ispirato alle architetture dei Pronipoti, invece la Nuova Fiera è tutto vetro acciaio e cemento... Il colore è tabù, a parte il solito rosso che fa molto costruttivismo. Il tapis roulant è divertente sulla carta, ma da piccolo mi immaginavo dei nastri superveloci sui quali stare in equilibrio come surfers, invece così come son fatti qui sono di una noia mortale. Per prima cosa è obbligatorio entrare al Padiglione Satellite, che di solito è l'unica cosa interessante della Fiera. Questo permette a tutti, anche a quelli che  in Fiera non ci sono stati, di atteggiarsi a "gente che sa", per cui ricordatevi o cari lettori rock che volete fare gli snob del design, statevene pure a casa e fare air guitar, ma se vi domandano com'era la Settimana del Mobile rispondete "faceva tutto cagare, ma al Padiglione Satellite ho visto un pò di cose interessanti". Se siete fortunati nessuno scende nel dettaglio perchè di solito non ci sono mai brand conosciute, e comunque sono centinaia tra piccole aziende e giovani designers, per cui chi se li ricorda?
Se proprio doveste scendere nei particolari ricordatevi che: i giovani designers sono poveri, per cui usano molto materiali riciclati, che il cartone in tutte le forme è un materiale trendissimo e che  usare direttamente terra, prato e magari l'immondizia personale per fare design è molto apprezzabile. 
A volte gli oggetti appariranno ostici, e vi sembrerà di essere Alberto Sordi nell'episodio "le vacanze intelligenti", ma consolatevi con la mia frase preferita di Gillo Dorfles: "non cercate di capire l'arte, l'architettura e il design contemporaneo, perchè essi sono incomprensibili" .
In effetti uno dovrebbe prendere le cose così, e osservarle come se fossero responsi degli oracoli:  se ti colpiscono vuol dire che hanno smosso qualcosa del tuo inconscio che trascende alla funzione, senza che tu ti debba porre troppe domande.
Al Padiglione incrocio Stefano Giovannoni, con la sua aria da orso Yoghi depresso, che mi dice che ha visto cose interessanti. Strano, di solito trova tutto brutto. Sono spinto a riguardare le cose con maggiore attenzione, ma continuo a vedere anni '80 riciclati e filtrati dagli anni '90. 
Dovrò andare in uno di quei centri dove cancellano la memoria, prima o poi.
Andiamo dai mobilieri veri, Knoll, De Padova , Driade, Kartell, Cappellini etc... se volete l'elenco scaricatevelo da Internet. All'ingresso dei bagni femminili trovo Patrizia Moroso, della dinastia Moroso, mobilificio di Udine. Patrizia è una simpatica persona informale, ci pigliamo un caffè e parliamo del nostro progetto di mobili per bambini. E' una specie di rituale: ne parliamo ogni anno , ma poi non troviamo mai il tempo per fare una mazza, evidentemente solo il pensarlo ci mette il cuore in pace, il che consente a me di dire in giro che in effetti sto progettando una linea di mobili per bambini per Moroso anche se non sto facendo un cazzo. Dopotutto non è una vera  e propria bugia. I mobili li ho in testa, ma l'iter produttivo è troppo lungo, e vedere tutto 'sto design in giro ovunque inibisce non poco, c'è sempre da chiedersi quanto il mondo abbia bisogno  di tutto ciò.
Torno verso casa e annego li miei pensieri populisti e qualunquisti nell'aperitivo al Mono, locale retrò ricavato da una vecchia torrefazione caffè, splendide piastrelle, ambiente vivibile fino alle 20,  e se va bene ti becchi un sottofondo di colonne sonore spaziali vintage insieme a una compilation dei Joy Division e il primo disco dei Matia Bazar.
Davanti a casa mia qualcuno ha scaricato  masserizie per il recupero rifiuti speciali dell'ATM. 
C'è anche un enorme divano imbottito. Sta lì, riverso come un ippopotamo, ed è proprio uno splendido finale.



martedì 20 settembre 2011

Intervista ad Alberto Alessi

sono stati presentati al Macef i miei nuovi oggetti natalizi Alessi per il 2012. Mi servono per dare un pò di colore a questa intervista fatta da me un paio di anni fa ad Alberto Alessi. XL non la pubblicò integralmente  a causa della sua lunghezza. Eccola qui, zeppa di curiosità e di considerazioni ancora valide sulle problematiche creative e industriali.



Intervista ad Alberto Alessi
Alessi è uno dei marchi di design più conosciuti nel mondo, eppure non ha bisogno di spot televisivi. L'azienda di partenza è un'acciaieria storica, eppure tutti hanno visto almeno una volta nella vita uno dei loro prodotti in plastica.  I signori Alessi sono nati come fornitori per le cucine e gli alberghi, ma poi hanno prodotto oggetti per l'ufficio, per il bagno, per ogni aspetto del nostro quotidiano. Hanno fatto inorridire il design classico con i loro oggetti ludici. Hanno prodotto art toys prima ancora che lo stesso concetto di art toy venisse inventato. Sono stati copiati da decine di altre aziende, ma loro sono rimasti  leader nel settore. 
Gli oggetti Alessi hanno scatenato critiche infuocate e hanno trasformato progettisti conosciuti da un numero esiguo di addetti ai lavori (Philippe Starck), in rockstar del design contemporaneo. Philippe Starck, Alessandro Mendini, Ron Arad, Ettore Sottsass, Stefano Giovannoni, Guido Venturini, Massimiliano Fuksas, I fratelli Campana, Enzo Mari, Aldo Rossi, Michael Graves, Richard Supper, Andrea Branzi, Marc Newson : tutti i  più importanti progettisti del mondo sono passati di qui, a Crusinallo di Omegna, negli uffici dell'Officina Alessi. 

Alberto Alessi è dalla metà degli anni '70 il motore di tutto questo:

Ho letto che quando sei entrato in azienda avevi delle idee abbastanza "rivoluzionarie", ma che avevano lasciato i tuoi parenti un pò perplessi, per spiegarci meglio, tu eri entrato con l'idea di produrre dei piccoli oggetti d'arte alla portata di tutte le tasche, cosa che forse, oggi, consideri in parte realizzata?
In effetti potrei dir di sì, nel senso che all'epoca era più radicale. L'idea era quella dell'arte moltiplicata, ovvero produrre degli oggetti senza alcuna funzione. delle piccole sculture, prodotte dalle macchine invece che dalle mani. Allora l'operazione fu un fiasco colossale, ma poi ho scoperto che invece applicare la tensione verso un altro "cogradiente artistico" ad oggetti di uso quotidiano e non senza uso, quella era la chiave per aprire la porta a un altro immaginario del pubblico.



Ricordo che come primo autore cercasti di lavorare con Salvador Dalì, che tipo di rapporto è stato?
Dalì si iscrive nell'operazione dei multipli d'arte. A un certo punto mi son detto che lavorare con i maestri italiani andava bene, ma avere uno straniero poteva dar  respiro internazionale al progetto. Sono capitato su Dalì, che grazie alla sua  nota venalità ha subito aderito alla richiesta. Abbiamo avuto tre o quattro incontri a Parigi e in Spagna e siamo approdati a un prototipo, che poi mio zio e mio padre mi hanno impedito di mettere in produzione. Erano inorriditi dal risultato, secondo loro Dalì mi aveva preso per il culo approfittando della mia giovane età.
C'erano tutti questi ami da pesca che effettivamente erano una cosa pericolosissima da maneggiare, poi c'era una lamiera piegata  che doveva essere tenuta insieme da una molletta da biancheria ( che Dalì voleva fosse in legno, ma  poi optammo per  un acciaio pressofuso, altrimenti non sarebbe mai stata chiusa), all'interno c'era un grande pettine, e ad ogni dente del pettine era agganciato uno di questi grandi ami per la pesca del salmone. Ci mettemmo quattro anni, nel frattempo avevamo prodotto altre sculturine in metallo di Pomodoro e Cascella, ma essendosi rivelate un fiasco già le prime, fui costretto a bloccare tutto.


Parlami del passaggio alla plastica: ad un certo punto vi siete interessati a questo mondo, abbastanza snobbato dal design "serio". Avevate già provato degli accoppiamenti con l'acciaio, il cui risultato più ludico fu la teiera  Luccellino di Michael Graves (un bollitore il cui becco finisce con un uccellino  in plastica: quando l'acqua bolle, la pressione lo fa fa fischiettare). 
E' stato un tipico portato della nostra natura di laboratorio industriale di ricerche nel campo del design. Io dico sempre, noi non produciamo oggetti per la cucina in acciaio, il nostro vero mestiere è essere un laboratorio di ricerca, il cui ruolo è quello di mediatore tra il mondo del progetto e quello del mercato, della società e del pubblico finale. E noi siamo lì in mezzo, tra realtà che rappresentano istanze diverse, e siamo abbastanza sensibili da essere trascinati dai nostri progettisti verso nuove direzioni. Noi non abbiamo mai deciso "ok, adesso entriamo nel mondo della plastica" ma è stata la spinta di una generazione di giovani progettisti (soprattutto italiani) agli inizi degli anni '90, quando abbiamo fatto sotto la direzione di Laura Polinoro l'operazione FFF (Family Follow Fiction). Ci siamo accorti che era proprio sbagliato per la nostra stessa natura costringere i designer ad usare esclusivamente l'acciaio inossidabile stampato a freddo.


L'oggetto-manifesto di questo primo periodo dell'era della Plastica Alessi è stato il "merdolino" (lo scopino per il water a forma di cactus, disegnato da Giovannoni), quali furono le prime reazioni?
Praticamente ha generato una certo sconcerto in tutte le categorie del nostro auditorium. L'ambiente del design si è scandalizzato: "mamma mia!" prima per il tipo di linguaggio, poi per il fatto che si usasse una tipologia così bassa, così umile, che poi se uno lo spiega così a distanza di tempo uno si chiede, "ma che cazzo volevano?" , perché non si poteva? L'idea di sottolineare la fine di un ciclo in cui solo la parte alta sembrava destinata ad essere curata da Alessi mi sembrava divertente. Anche i negozi che tenevano le nostre cose, che mettevano in vetrina le migliori porcellane della tradizione europea, le cristallerie più sofisticate, l'argentato di qualità e di classe, si chiedevano perchè dovevano mettere in vetrina uno scopino per il cesso, "ma che siamo  matti?"  E invece fu un grande successo, e lo è ancora, perchè ha demitizzato una zona che sembrava che con il design non dovesse avere niente a che fare, un'idea un pò razzista.


Alessi a quel punto era sinonimo di innovazione e trasgressione , come "L'uccello di fuoco", (L'accendigas a forma fallica di Guido Venturini ). Faceva parte di una ricerca di marketing oppure è stata una scelta sperimentale, del tipo "vediamo se si può fare"?
Quel progetto si iscrive nell'operazione FFF, che abbiamo organizzato io e Laura Polinoro, L'idea era quella di lavorare a una fase preliminare al progetto, addirittura quasi prima di scegliere i progettisti, di lavorare quindi a un metaprogetto, che per noi è uno scenario  socioculturale di un certo tipo di mondo all'interno del quale andremo a collocare i progetti che devono ancora nascere. Naturalmente c'è un metaprogetto alla base di ogni progetto, ma nel caso di FFF abbiamo scelto di esplorare il linguaggio affettivo degli oggetti, cioè recuperare le relazioni di simpatia, amore o anche di antipatia, ribrezzo, allontanamento che gli oggetti suscitano nel pubblico.
Prendemmo come aiuto il pensiero di due psicanalisti, Donald Winnicott  (con la sua teoria degli oggetti transizionali) e Franco Fornari (con il suo pensiero dei codici affettivi),e abbiamo dato questo materiale in pasto a un certo gruppo di designer. Winnicott aveva sviluppato il pensiero degli oggetti "transizionali", che sono in sostanza i giocattoli che ha il bambino all'inizio della sua vita , e che gli consentono, giocando, di capire che lui può costruire il mondo, ed essere attivo e non passivo, contemporanemente di consentire alla mamma di andare e di restare da solo con il suo mondo costruito. Winnicot sosteneva che questa attività non è solo del bambino, ma che si sviluppa durante tutta la fascia di culturizzazione dell'uomo, fino all'età adulta, e li vi collocava forme di attività artistica, scientifica, la religione eccetera. Invece Franco Fornari aveva sviluppato i codici affettivi, sostenendo che il linguaggio degli oggetti si può raggruppare in alcune famiglie di codici ( quello materno, quello paterno, il codice della vita e della morte, il codice erotico ) e gli oggetti parlano attraverso stilemi e ideogrammi che incorporano in maniera del tutto libera, e parlano attraverso questi all'immaginario del pubblico. Praticamente noi abbiamo dato questi materiali a titolo di stimolo culturale, non volevamo essere dei registi. Avevamo scelto dei progettisti affini a questo tipo di stimoli e naturalmente Guido Venturini ha detto "Va bene, allora io scelgo il codice erotico", e da lì ha sviluppato l'accendigas Uccello di Fuoco.


Quanto c'è di vero nelle voci che lo stesso Venturini avrebbe disegnato un modello di vibratore Alessi, ma che poi la cosa non andò mai in produzione, e perchè?
Bellissimo. Bellissimo. Un capolavoro. Ho tentato in tutti i modi di farlo produrre ma i miei fratelli e mio cugino non me l'hanno permesso. Mi rimane qui ogni volta che ci penso, anche perchè eravamo stati i primi a pensarci, dieci anni fa. Avevamo anche acquisito  molte informazioni. Venturini e Alliata( l'ingegnere capo di Alessi), avevano trovato, a Zurigo, due lesbiche titolari di una boutique erotica elegantissima, le quali ci funzionavano da consulenti.


Il pubblico compra un oggetto Alessi perchè ne ha bisogno veramente o perchè ci stiamo trasformando in una massa di bambinoni mai cresciuti, e quindi sostituiamo i giocattoli con degli oggetti ludici che hanno comunque l'alibi di una qualche funzione?
E' sicuramente la seconda tua affermazione, e questo lo dico senza alcun giudizio morale. E' sicuramente un'esasperazione di ciò che sosteneva Winnicott, e cioè che questi oggetti transizionali non terminano la loro funzione nel momento in cui si diventa adulti, ma seguono l'uomo per tutta la sua crescita. Non c'è in fondo una grande differenza tra un bollitore e un orso di pelouche. Assolutamente.


Ti senti in qualche modo responsabile della contemporanea febbre per i "design toys", ovvero per tutta quella serie di giocattoli a tiratura limitata realizzati da cartoonist, artisti provenienti dal mondo del graffitismo, fumettisti underground ? Stanno raggiungendo cifre di vendita interessanti, cosa ne pensi?
Sono consapevole che siamo anche noi in qualche modo dentro a questa storia, che peraltro non rappresenta il totale del mondo Alessi, anche se non posso essere calvinista e non riconoscere che cè una linea di continuità anche con progetti più vecchi. Non è che il bollitore di Supper fosse un design "più serio", con il suo manico a cresta di gallo, il fischietto di ottone dorato con cui annunciava la bollitura dell'acqua con una melodia. Cosa c'è di più ludico di così?  Poi io non voglio nemmeno esprimere delle preferenze, ma se mi chiedi posso rispondere che mi interessa più quel mondo lì, ma lo trovo un filo conduttore che ci ha portato a quello che facciamo oggi, in assoluta buona fede. E poi io non lavoro per il mercato, lavoro per me stesso.


Alessi negli ultimi due anni si è lanciata nella produzione di figurine di ceramica di stampo pop. E' la vostra risposta alle figurine di plastica di cui parlavamo o cercate di rubare quote di mercato alle ceramiche di Thun ( famosi produttori di ceramiche altoatesine particolarmente kitsh e popolarissime)?
Non posso negarlo, c'è anche la consapevolezza che essendo un'industria presente sul mercato siamo coscienti dell'importanza di questa zona produttiva di oggetti, in questo caso veramente senza alcuna funzione se non quella dell'emozione che sanno suscitare.
Che per altro si lega a tutta una tradizione secolare delle figurine in porcellana, fin da tempi precolombiani.


Ritieni che la ricerca della migliore funzionalità dell'oggetto sia morta con lo spremiagrumi di Stark? Nel senso che dubito venga realmente acquistato per spremere arance, ma che in qualche maniera si sia realizzato il tuo progetto di realizzare piccoli oggetti d'arte alla portata di tutti. In effetti lo spremiagrumi in questione si può ben considerare una delle più belle sculture contemporanee, anche slegandolo dalla sua funzione. In qualche modo credo sia un oggetto che abbia creato uno spartiacque nella storia del design contemporaneo. Tra estetica e funzione.
Io ci gioco. Nel senso che è vero che l'ambizione massima di uno che fa il mio lavoro sarebbe quella di innovare davvero sulla funzione. Sono quasi quarant'anni che lavoro e ogni anno, ogni mese, ogni settimana ricevo dei progetti dove, un pò ingenuamente, il progettista grande o piccolo, giovane o vecchio, tenta di innovare nella funzione. Dopodiché facciamo la nostra selezione e mi accorgo anch'io che alcune sono assolutamente campate per aria, altre hanno degli elementi innovativi e su altri lavoriamo. Di fatto in questi quarant'anni non sono mai riuscito a innovare veramente sulla funzione. Si capisce perché: perché noi lavoriamo in un ambito tipologico di oggetti quanto mai antico. Hanno tutti migliaia di anni , neanche secoli, migliaia!  La loro curva di evoluzione in quanto perfezionamento in termini di pratica e funzionamento d'uso è arrivata veramente all'apice. Un secolo nella storia della posata rappresenta veramente poco, non ti dico nel piatto, dove ci si mangia. Mentre l'aeroplano è un bebè che probabilmente tra cent'anni sarà molto diverso, un piatto in porcellana rimarrà molto vicino a ciò che abbiamo. Mi spiego quindi che non siamo noi che siamo imbecilli, ma è proprio l'ambiente tipologico in cui lavoriamo che ci porta a questa constatazione. Poi però penso che è molto bello che ci sia ancora oggi la voglia da parte di un designer e di un'incosciente di produttore di tentare di fare qualcosa che interpreta una certa funzione a modo suo. E' nella natura dell'uomo.  Il cavallino nasce e inizia subito a trotterellare. L'uomo invece si deve costruire il suo mondo.


E' una cosa che si potrebbe dire anche del mondo della moda: in fondo per quel che riguarda la vestibilità, la praticità e l'economia sembra già tutto stato fatto, e invece di chiudere baracca e vestirci con delle belle tute continuiamo a disegnare e trovare nuove-vecchie forme, nuovi-vecchi abbinamenti.
Quello della moda è un esempio interessante, perché ci stiamo muovendo in parallelo. Anche gli oggetti che creiamo noi non rispondono soltanto alla ricerca di un valore d'uso, ma servono per comunicare ( come la moda), e hanno anche un valore poetico, servono a rappresentare ogni giorno il nostro teatro quotidiano privato.
Non dimentichiamo come consolazione finale ciò che diceva il grande maestro Bruno Munari  a proposito del rapporto forma-funzione.
Lui diceva sorridendo che semplicemente non è concesso all'essere umano di creare una forma perfetta per una data funzione. C'è sempre una distanza, un gap tra le due cose, e questa distanza è il territorio all'interno di cui lavora il designer. 
Bruno Munari chiudeva questa sua riflessione : "Beh, ragazzi, c'è solo un oggetto che rappresenta la sintesi perfetta tra forma e funzione, ed è l'uovo, niente di più perfetto. Ma (sorrideva), primo non è un prodotto dell'essere umano, e secondo è veramente fatto con il culo".