lunedì 8 agosto 2011

Made in Korea: terza Parte

Mi sveglio come al solito molto presto rispetto ai miei standard, ma di buon' umore, questa mattina Jon-Sik mi porterà a fare un breve tour in centro. Parlare di centro nei riguardi di una grande metropoli come questa è un concetto abbastanza astratto, ma nonostante i suoi 15 milioni di abitanti Seul effettivamente ce l'ha, e si tratta della zona situata intorno al Palazzo Imperiale. Io inizio la giornata con la solita colazione suicida, poi aspetto Jon nella hall con i divani sproporzionati.


Che si tratti di un tour lampo non è un'espressione figurata, ma una tragica realtà, abbiamo sì e no 4 ore, poi devo rientrare per la mia conferenza alle 14. Se consideriamo che ci mettiamo un'ora di taxi per raggiungere il centro e un'ora per tornare restano due ore scarse, e non è davvero un cazzo. Approfitto del tragitto in taxi per parlare un pò con Jon, che mi racconta del suo ritorno a Seoul dopo gli studi in Italia, studi tra l'altro inutili, visto che qui fa l'interprete per uomini d'affari americani e non fa l'illustratore, sempre che abbia mai realmente voluto farlo. Attraversiamo la grande città, vedo lo stadio costruito per i giochi Olimpici, vedo il gigantesco palazzo dell'ambasciata italiana (ma quanta gente ci lavora? E cosa fanno lì ?). Arriviamo in centro, ma prima di arrivare al Palazzo Imperiale Jon mi fa attraversare una strada particolare, la strada dei pittori, diciamo che un tempo era un pò la zona bohémienne della zona, e ora è attraversata da ristorantini tipici (ovvero quelli dove vanno i  veri coreani), e antichi negozi di carte, chine e pennelli. I pennelli costano davvero poco, e sono bellissimi, io ne faccio incetta, per non parlare delle carte, ma non posso portarmene via troppe, (a me piacciono TUTTE), per cui opto per un paio di blocchi, e una fiaschetta di china.  Questa è una zona che sembra distante dalla modernità e dai luoghi comuni sulle frenetiche città asiatiche, vedo un robot, ma è un pupazzo pubblicitario davvero vintage. Giusto per sottolineare il momento, alla fine della strada veniamo accolti da una grande statua di bronzo raffigurante un pennello per calligrafia. Cerco di cancellare dalla mente la frase "Non serve un pennello grande ma un grande pennello" e andiamo avanti.



La città è abbastanza deserta, un pò perché non è il week end, un pò perché sono le 11 e tutti sono al lavoro e un pò perché fa un caldo fetido e solo un turista occidentale coglione come me e un coreano gentile e volenteroso come Jon-sik girano a piedi in centro a quest'ora. 
Arriviamo al Palazzo Imperiale… bello. Devo confessare la mia mancanza di sensibilità, ma non riesco ad entusiasmarmi, sarà per il caldo, sarà perché a noi rozzi e superficiali padani queste architetture sembrano tutte uguali e poi perché non riesco a prendere seriamente le guardie imperiali, che sembrano vestite come a un carnevale di Viareggio, con barbe finte annesse (a parte che, ripensando alle guardie svizzere in Vaticano dovrei star solo zitto). Faccio la consueta foto da pirla .


Lì vicino c'è un museo di arte contemporanea, poi ci sarebbe un museo del fumetto, ma non c'è tempo, allora vediamo la statua di uno dei più importanti condottieri coreani, poi di uno degli uomini d'ingegno più importanti della Corea, (ha inventato, tra le altre cose la scrittura coreana, sistemi di misurazione per l'acqua e per il movimento delle stelle, insomma, una specie di Galileo Galilei coreano, solo che è venuto prima e non ha avuto problemi con la chiesa, dato che la religione qui è stata assai meno opprimente). 


Ecco ora che ho fatto il mio dovere di studente delle medie mi guardo intorno. Ho notato in vari punti della piazza delle persone immobili, compostamente appoggiate e dei cartelli pre-stampati. Sono vestiti diversamente, chi da operaio, chi da impiegato, chi da meccanico. Chiedo a Jon chi siano e cosa stanno facendo, Jon mi dice che scioperano, si tratta di una forma di sciopero individuale… Chissà se funziona meglio della protesta tradizionale… Non ho il coraggio di chiedere se ci sono mai stati buoni risultati, perché sono sicuro che Jon non lo sa. Almeno qui chi perde il lavoro non si sente in colpa, come capita in Giappone. 


  Vicino c'è il grande fiume che attraversa Seoul, percorso ai lati da una pista ciclabile che si perde nell'infinito, e penso che tutto sommato la sera deve essere proprio un bel posto per passeggiate romantiche (beh, magari ti devi prendere un week-end intero). Devo tornare all'albergo. Un'altra oretta di taxi. Io e Jon abbiamo giusto il tempo di bere qualcosa, dato che per me mangiare è davvero fuori luogo, ho ancora le patate e il succo di mango e le uova strapazzate della colazione che ballano il  mambo nel mio stomaco da stamattina. Io mi faccio una Corona, Jon prende un'acqua minerale purissima dal costo scandaloso. Ebbravo Jon! Non eri così morigerato, in Italia.


Ci salutiamo e ci diamo appuntamento per la sera, dove andremo a a mangiare in qualche ristorante coreano rigorosamente sconosciuto ai turisti. Lui deve tornare dai suoi clienti americani, che vogliono vedersi una partita di baseball nello stadio un tempo costruito per le Olimpiadi.
Arriva Su-jin, dello staff del Sicaf, a prendermi per portarmi alla conferenza: mi dà una buona notizia, ovvero che hanno trovato un'interprete dall'italiano al coreano per me. Accidenti, ho passato la serata a scrivermi i punti salienti del mio intervento in inglese, ma tutto sommato è meglio così. Fatti i 70 metri che ci separano dalla convention faccio conoscenza con la traduttrice, che si chiama Lolia J Jun, ha studiato a Milano alla Marangoni e mi sembra una tipa sveglia. Arrivati al punto di incontro mi dicono che stanno preparando il palco per il mio intervento, e che dobbiamo aspettare un pò, poi ci dicono che dobbiamo aspettare un'altro pò. Con Su-Jiin e  Lolia allora andiamo a fare un pò di shopping di cose che mi ero appuntato il giorno prima: un cappello buffo per Micol che ha compiuto gli anni, dei pennarelli pennelli della Faber-Castell che per ragioni misteriose non vengono importati in Italia, e un meraviglioso libro di 650 pagine contenete gli schizzi di un potentissimo disegnatore coreano : Kim Jung-Gi 
Ora, a questo punto scatta un ragionamento a posteriori. Probabilmente questi miei dubbi e domande dipendono sicuramente dalla mia scarsa conoscenza della Corea e della società coreana, ma cosa diavolo spinge un disegnatore di classe davvero superiore a pubblicare un libro stampato su carta fichissima, in grande formato, senza mettere niente oltre alle immagini? Non ci sono cenni biografici, non un indirizzo mail, non ci sono didascalie sugli schizzi, se sono stai fatti per il cinema d'animazione o per la pubblicità o solo perché gli girava il culo di farlo: NIENTE. Non un sito web, un blog, un facebook… NIENTE . Solo il sito e la mail dell'editore.


Rifletto un pò sul fatto che un qualsiasi stronzo occidentale avrebbe al posto suo messo la sua mail, il suo sito , quello di tutti i parenti, e scritto una lunghissima lista di note biografiche, mostre, partecipazioni, includendo anche quante volte aveva fatto un disegnino per i fan, ma qui nulla, il totale silenzio stampa. Chi è quest'uomo? Un genio modesto? Un coglione? Una personalità talmente famosa da rendere superflua qualsiasi informazione scritta (e in quel caso il coglione sarei io)? Chiusura del siparietto, se qualcuno ha informazioni  su Kim Jung-Gi è pregato di farmele avere.
Nel frattempo è arrivato il mio turno. Ci sono stati dei contrattempi, e per problemi tecnici evidentemente difficili da spiegare la mia conferenza non potrà avvenire nel palco centrale, ma sarà organizzata nella zona adibita alle mostre degli autori europei, e per la precisione nella zona dove ci sono le mie tavole. A loro è sembrata la cosa più logica, dato che lì un proiettore proietta sul pavimento le immagini dei miei lavori e i miei video, con un audio così basso da non infastidire nemmeno eventuali acari della moquette.  A me questa logica sfugge, come la logica di proiettare sul pavimento le mie immagini con un proiettore anemico, ma non so proprio che dire. L'orario è infame, sono tutti a mangiare, e alla fine mi trovo di fronte una quindicina di persone, e un microfono con annessi altoparlanti fischianti sistemati in velocità sul loco. 
La traduttrice Lolia è molto brava, e dopo un timido inizio in cui mi accorgo di parlare di cose assolutamente incomprensibili per dei coreani (l'"autore di fumetti che fa anche musica rock"), viro il discorso sul design e tutto comincia a filare più liscio. C'è addirittura qualcuno che mi fa domande sugli oggetti natalizi disegnati per Alessi! Allora non ho vissuto invano!  Riesco anche a terminare con un discorso di incoraggiamento per le giovani generazioni, e una coreana che ho davanti (che ha seguito finora la conferenza con molto interesse) si mette a piangere. Io chiedo alla traduttrice se si sente male, ma mi viene spiegato che si è commossa, e che mi vorrebbe far vedere dopo i suoi lavori. 
I suoi lavori li vedo dopo, e  dopo averli visti devo constatare che forse non sempre incoraggiare le giovani generazioni è una cosa positiva…da vigliacco le dico che le darò il mio parere per esteso via mail. Lei non sembra molto convinta, ma mi allunga un ritrattino fatto da lei di me mentre blatero. 
Insomma siamo alla fase finale, faccio un pò di disegnini ai pochi rimasti, stringo qualche mano, dopodiché la dirigente del Scaf se ne va abbastanza soddisfatta, soprattutto di essersi tolta dalla schiena l'incombenza di questa conferenza del piffero. 
Rimango con Su-Jiin e Lolia J Jun, in un momento di esuberanza causata dal sollievo di aver finito tutto decido di offrire da bere a tutte e due, ma evidentemente le 4 del pomeriggio sono un'ora un pò strampalata per loro, e allora anche un caffè da Seven Monkey (catena coreana similare a Starbucks), va bene.


E dopo? cosa ho intenzione di fare? Mi faccio accompagnare in una libreria dove acquisto un'antologia di autori underground coreani (tremenda), prendo appuntamento per l'indomani mattina per il volo di rientro e vado in albergo, dove mi preparo per una serata di cibo e alcool con Jon-sik.
Ora, a questo punto della narrazione sarebbe molto bello che la serata fosse evoluta in una notte brava a Seoul con avventure mirabolanti in stile Una Notte Da Leoni, ma così non è stato. Jun-Sik mi ha telefonato alle 21 dicendo che gli americani gli avevano sfracellato abbondantemente le palle per tutto il pomeriggio e che se ne stava distrutto a casa, e che ci saremmo visti un'altra volta. 
Certo, come no, vengo a Seoul tutti i week end.
Non ho voglia di fare l'ennesima passeggiata nel mall sotterraneo, basta così, disegno un pò, mi addormento con un senso di inutilità nello stomaco. La mattina dopo piove, parto giusto in tempo prima della bufera che colpirà la Corea la settimana dopo. Saluto le due mie gentili accompagnatrici. 


Superato il controllo passaporto ho a disposizione un'area gigantesca in cui spendere i miei ultimi won coreani. Ogni gate si sviluppa per circa un chilometro ( sono più di un centinaio), ed è concepito come una strada del centro densa di negozi. Purtroppo devo constatare che i coreani hanno fatto una scelta molto democratica: per non fare torto a nessuno, ogni gate ha lo stesso numero di negozi, che vendono le stesse cose, situati nello stesso ordine, anche ristoranti, negozietti e alimentari… tutto composto nello stesso modo, e ripetuto più o meno un centinaio di volte. Terribile.
Nell'arteria principale dell'aeroporto sfila una cerimonia in costume di cui faccio volentieri a meno, mi infilo nel mio gate, spendo i miei ultimi won per un paio di lattine di birra Cass, e ciao Seoul, spero di rivederti e magari di riuscire a capire qualcosa di più su di te la prossima volta.




Sull'aereo che mi porta a casa mi resterà il rimpianto di non esser riuscito a immortalare: 
1- Un vecchietto ubriaco alle 11 del mattino, incurvato con la schiena all'indietro e semi-addormentato in un equilibrio innaturale, straordinario.
2- Una carovana di 40 coreani tetraplegici in partenza per Roma, e le loro manovre per sistemarsi in aereo.
3- Le istruzioni in computer animation per evacuare dall'aereo in caso di pericolo, che non mi hanno consentito di filmare.

FINE

















lunedì 1 agosto 2011

Made in Korea: seconda Parte


GIORNO 2- Mi sveglio presto con una fame da lupi, cosa abbastanza anomala, dato che di solito ho lo stomaco bloccato fino alle 11, e di primo mattino riesco a ingerire solo alimenti liquidi, ma è la bellezza del jet lag, e anche della colazione internazionale gratis. Chissà quanta roba! Il mio stomaco fa le capriole e uggiola di felicità. Entro nella sala al piano terra, tutti gentilissimi. Malauguratamente becco la conversazione di un paio di americani a un tavolo: "com'è?" "boh, tanto se ci metti sopra la salsa piccante coreana, anche la merda di cane ha lo stesso sapore!" Nonononono, non dovevo sentire questo proprio ora. La cucina coreana a me piace! Non sono mica il classico occidentale che vuole gli spaghetti e gli hamburger e le patate fritte e la pizza ad ogni latitudine (a parte che ormai li trovi anche al Polo Nord). Comunque ormai ho ricevuto l'imprinting mattutino, e mi dirigo su alcune cose sicure: succo di pomodoro, succo di kiwi, caffè lungo, torta di mele, patate, sushi, bistecca "all'australiana" (?), formaggi francesi, salsiccette, uova. Evito delle pietanze coreane apparentemente buonissime, ma che contengono quote di aglio e cipolla inadatte alla vita sociale, soprattutto stamattina, giorno d'apertura del Sicaf con cerimonia.
Faccio il pieno e sono pronto ad affrontare la giornata. 


Nella vasta hall dell'albergo, dove architettonicamente ho già notato quanto niente c'entri con niente, mi attende la mia accompagnatrice di ieri, Su-jin-lee, a cui sono stato affidato. E' molto dispiaciuta, perché a quanto pare non hanno trovato una traduttrice dall' italiano al coreano per me per la mia conferenza del giorno dopo, e mi dovrò adattare a parlare in inglese.
Il mio inglese sarà all'altezza? Non dovendo esprimere concetti particolarmente complessi temo di sì. 
Arriviamo alla convention, che sta al quinto piano di un'enorme edificio a 70 metri dall'albergo. All'ingresso troviamo un'altra collega di Su che avevo visto all'aeroporto, ci salutiamo e delle hostess mi scortano al palco dove avverrà la cerimonia di presentazione del festival. Mi pregano di non muovermi, e mi danno un ricevitore e un auricolare per la traduzione (in inglese).
Questo auricolare e la traduzione si riveleranno assolutamente inutili, dato che, stando di fronte a delle casse a un volume che mi potrebbe far partire le otturazioni, riesco a cogliere dall'auricolare solo un leggero brusio pur spingendolo a forza nell'orecchio e tappandomi l'altro. 
Cominciano le presentazioni degli ospiti e del programma. Io spero di non essere chiamato a dire nulla. Mi sento un pò fuori posto con le mie scarpe da ginnastica, il mio cappellino e la camicia hawaiana. Qui sono tutti molto formali, gli uomini vestiti in completo grigio e le donne in tailleur. Se non fosse che davanti a me c'è la mascotte del festival potrebbe essere l'apertura di una convention dentistica. 



Dopo mezzora di blabla di cui non capisco assolutamente niente e in cui per fortuna si sono dimenticati di me, arriva il momento clou.
Avevo già notato la presenza di un gruppo di belle teen-ager sedute vicino a me, che a quel punto saltano sul palco e cominciano a cantare e ballare, con effetto un pò Spice Girl, ma in realtà molto, molto JPop style. I due brani non sono nemmeno male, riesco anche a filmarne uno per intero, anche se l'audio viene fuori irrimediabilmente distorto. Lo potete vedere qui. 
Mi spiegheranno poi che si tratta di un gruppo piuttosto famoso, non il più famoso della Corea, ma con un certo livello di popolarità. A me dopo la cerimonia di apertura dentistica sembra una boccata di aria fresca, e mi godo tutto, mossette, minigonne e tubi sparafumo ad altezza sedere. 
Dopo di loro sale sul palco un duo melodico maschile. Partono con melodia e ritmo degno degli Spandau Ballett del periodo d'oro, e noto che l'unica cosa eseguita del vivo, ovvero le voci dei due cantanti, è trattata e pompata con almeno una decina di effetti diversi. Il loro secondo brano è la sigla di una soap coreana, (sullo schermo scorrono le immagini relative al serial), mi sembra la storia di una famiglia di industriali, con varie corna e problemi di successione e vendette economiche. Insomma, una lagna comprensibilissima anche per chi non conosce il coreano.
Dopo gli scroscianti applausi il duo annuncia che non può lasciare gli spettatori con un brano così triste, e partono con un'altra pippa e gorgheggi degni della migliore sceneggiata partenopea. Io mi sto divertendo, ma dopo l'ultimo brano la cerimonia si chiude così, e tutti quanti si va a magna'.
Prendiamo l'ascensore e andiamo diversi piani sotto, fino a raggiungere un mall sotterraneo avente la superficie quadrata di Cinisello Balsamo. Negozi, negozi, negozi a perdita d'occhio. Arriviamo velocemente a un ristorante. Gli ospiti del festival vengono fatti sedere, mentre gli accompagnatori aspetteranno fuori il termine del pranzo. Io mi siedo insieme a tre italiane, che sono lì per la presentazione di un loro corto, più tardi scoprirò che si tratta di tre studentesse del centro cinematografico di Torino, che sono state selezionate con conseguente pagamento del viaggio e della permanenza a Seoul. Però, bel colpo. 
Ci mettiamo un pò a capire che il ristorante è un self service del genere "all you can eat". Noi siamo stati un pò tardi di comprendonio, ma un coreano che è al nostro tavolo no, dato che in poco più di 30 minuti riuscirà a riempirsi il piatto ben 10 volte… e ho il sospetto che fosse pure un imbucato. Per niente stupidi questi coreani. Io comincio il giro: la scelta è vastissima, io provo un pò di tutto, un paio di zuppe (una piccante e una agrodolce), dei polipi fritti, del riso fritto, del pollo al pepe nero, degli spaghetti piccanti, dei dolcetti. Provo anche una bibita rossa allo zenzero che ha il potere di rendere poco piacevole al palato qualsiasi cosa ci si mangi insieme. Le tre ragazze, giovani ma già molto furbe sono riuscite invece a procurarsi delle birre, e stanno facendo i loro programmi turistici: la Seoul Tower, il grande parco e un paio di altre cose. E' sottinteso che col cazzo han voglia di vedersi il festival, e dal momento che non hanno esteso a me l'invito di condividere con loro la scoperta di Seoul, le lascio alle loro avventure. Non le rivedrò mai più.
Io invece sono curioso di vedermi la convention, dal momento che sono lì… E poi dopotutto sono qui proprio per questo. Su-jin vuole accompagnarmi. Mi seguirà come un ombra mentre guardo le mostre, mentre guardo i banchi degli editori, i banchi della cartoleria, la mostra di Gundam, la mostra di origami, i bambini a cui viene insegnato come si fanno le intercalazioni per i cartoni animati (lì mi è corso un brivido sulla schiena), le frontiere della tv 3d senza occhialini, i baracchini degli hot dog, le mie stringhe delle scarpe… A un certo punto mi volto verso Su-jiun e le dico, "Da questo momento in poi sei libera! Capisci? Puoi tornare a casa e fare quello che vuoi". Lei mi guarda e sembra sul procinto di mettersi a piangere "Davvero? Ma io sono qui per portarti dove vuoi!". Probabilmente sì, ma non voglio metterla alla prova chiedendole di portarmi sulla Seoul Tower. A me piace girare per le grandi città da solo, magari perdendomici, e se c'è una cosa che mi imbarazza è andare a zonzo con una persona che mi guarda a un metro di distanza. Le dico che sono stanco e che vado all'albergo, ma che prima riguarderò con attenzione tutte le mostre (figuriamoci! Con un mall gigantesco tutto da esplorare). Lei mi chiede se sarò in grado di tornare in albergo da solo. Io le dico che visto che è a 70 metri di distanza ed è un grattacielo di 30 piani dovrei farcela. Appare poco convinta, ma alla fine riesco a salutarla, e a darle appuntamento per il pomeriggio del giorno dopo, quando dovrò fare la conferenza.
Faccio un altro giro della convention.






 C'è da dire che rispetto a Lucca Comics, Il Comicon o San Diego questa è una fiera molto più ridotta, dopotutto privilegia le proiezioni dei filmati rispetto ai fumetti. In una mezz'oretta mi rivedo tutto quello che mi interessa e mi appunto due o tre cose da comprare. Registro la clamorosa penuria di cosplayers. Certo è il primo giorno, ma in Italia ce ne sarebbero già centinaia, qui invece saranno due o tre decine, un'altra cosa da sottolineare a quei fanatici di italiani che leggono più fumetti asiatici degli stessi asiatici. 
Il mall sotterraneo è davvero grande, non riesco a valutarne l'estensione, posso solo dire che ingloba un multiplex cinematografico con un numero incalcolabile di sale, una libreria super, quintali di ristoranti, negozi di regalini inutili…. Ovunque marchi stranieri … Apple, Mac Donald, Burger King, Starbuck, Armani, Gucci, Converse, Nike etc….  Caffetterie e ristoranti italiani con interpretazioni a casaccio della nostra cucina: gli spaghetti trasformati in una specie di zuppone coreano al sugo, le bruschette con il kebab e i gamberoni sopra, il tiramisù da bere e così via…Chissà come sono? 


Le ore passano qui dentro, a un certo punto sento l'esigenza di uscire, salgo con le scale mobili e mi trovo effettivamente a pochi metri dall'albergo. Devo rientrare, il jet lag mi sta salendo e rischio di addormentarmi in piedi. Sull'ascensore un americano mi dice "bella maglietta e grande band", ho su la maglietta dei DEVO. Vorrei abbracciarlo.
Perdo i sensi sul letto e mi sveglio che è già sera tardi, ancora le 22… Cazzzbrrrrr! Mi sono svegliato perché in camera si gela per l'aria condizionata.
Naturalmente non ho fame:  ho mangiato tra mattina e mezzogiorno l'equivalente del fritto che dovrei mangiare in un mese. 
Mi attacco a internet, su facebook il giorno prima avevo postato la notizia del mio viaggio in Corea, e anche qualche foto. Trovo il messaggio di Jon-Sik, un mio ex studente coreano dello IED di Milano . Sapevo che stava a Seoul, ma non avevo fatto in tempo a scrivergli. Mi dice che lavora come interprete proprio nel palazzone davanti al mio albergo, e che domani mattina è libero dalle 10 in poi . Sono salvo!
Ci diamo un appuntamento, poi mi preparo il discorso in inglese per la conferenza del giorno dopo.  MI riaddormento guardando un programma buffo coreano condotto da due ciccioni sulle diete, stanno discutendo due diete rivoluzionarie: una a base di hamburger e un'altra fondata su una serie di movimenti ginnici da eseguire mentre si fa il tifo per le squadre di baseball….. ZZZZZZZ 

fine della seconda parte